Prosa
INVIDIATEMI COME IO HO INVIDIATO VOI

Granata mette in scena la tragedia della vita

Granata mette in scena la tragedia della vita

Mettere a nudo i rapporti che si creano all’interno di un nucleo familiare. Di quelli come ce ne sono tanti e che ricordano un po’ le commedie di De Filippo. Le invidie reciproche, le incomprensioni tra moglie, marito, suocera, sorella. E poi se c’è di mezzo anche una bimba piccola,  nata da un rapporto che non funziona sin dall’inizio e che dunque porta alla ricerca di un amante da parte della madre, per soddisfare una femminilità troppo straripante che non si accontenta della quotidianità di un rapporto stanco, troppo tranquillo, all’interno del quale la figura maschile, quella del marito, è troppo accomodante, troppo buona, troppo innamorata, le cose si complicano.

La situazione poi diventa aberrante se l’amante che si sceglie la donna, è anche un pedofilo.
Tutto precipita, è portato all’eccesso, si passa dalla commedia, quella che racconta le insoddisfazioni di una vita quotidiana chiusa tra quattro pareti e scandita da piccoli avvenimenti che fanno finire una giornata sempre troppo lunga da affrontare.
Organizzarsi per andare a lavorare, per portare la bambina all’asilo, per decidere se usare la macchina o andare a piedi, ma anche per soddisfare le velleità piccolo borghesi di una moglie casalinga che vorrebbe esser corteggiata dal marito il quale però non ha tempo.Quindi ci vuole un amante, in grado di risvegliare quella femminilità sopita da un matrimonio ormai consumato dall’affanno dell’arrivare alla fine del mese.

Tindaro Granata, autore, regista e anche attore del suo nuovo testo teatrale “Invidiatemi come io ho invidiato voi” che è andato in scena al Teatro dell’Elfo dal 18 al 23 febbraio, è veramente una rivelazione. Non solo perché ha individuato un nuovo modo di scrivere e di fare teatro che mette in scena la nostra contemporaneità, quella di una società che confonde ormai la società della spettacolo con quella reale, la televisione con gli accadimenti quotidiani, ma anche perché raggiunge una coralità tale nella messinscena, che gli attori non sono più la tradizionale compagnia che si ritrova ogni sera a teatro per “recitare” una storia, ma una comunità che si ritrova a rivivere emozioni, sentimenti, sensazioni divenuti universali e senza tempo.

Tutti sono protagonisti del dramma di una vita messa a nudo nella sua brutalità, dove la felicità dura solo un istante, sopraffatta com’è dalle sofferenze della psiche
Questo lavoro di Granata parte da un fatto di cronaca agghiacciante realmente accaduto e allo spettatore non si risparmiano i particolari  di uno stupro avvenuto su bimba di  tre anni che la madre affida all’amante per una giornata al parco, che si rivelerà fatale.

Anche se tutto ruota attorno a questa vicenda, quello di cui si parla sono di fatto le miserie umane. Una donna diventa amante del datore di lavoro si suo marito, un uomo untuoso che si masturba con il computer tutto il giorno (Paolo Li Volsi è perfetto nella parte) e che ha bisogno di mostrare sempre la sua virilità che alla fine si rivelerà essere distorta.
Per abituare la bambina alla presenza di questa seconda figura maschile, visto che quella del vero padre è praticamente assente, la affida spesso a lui.  Non sa però o non vuole sapere che l’amante è un pedofilo.

Tutti i personaggi creati da Granata, potrebbero essere definiti degli archetipi teatrali  perché c’è la madre, la suocera, la cognata, la vicina di casa e il marito, l’amante personaggi tipici della commedia o della tragicommedia come anche del dramma, con il tipico triangolo amoroso lui, lei l’altro. Personaggi solo preoccupati da se stessi. Danno tutti la loro versione dei fatti come se dovessero sempre difendersi dal giudizio degli altri, senza preoccuparsi del personaggio più debole di tutta la vicenda, la bimba che infatti morirà.

Nella straordinaria interpretazione di Mariangela Granelli che è Angela, la madre della bimba, l'attrice passa dall’immedesimazione totale allo straniamento quasi brechtiano. Come quando, accusata dalla cognata, l’attrice Francesca Porcini,di fatto innamorata del fratello e invidiosa della cognata, si avvicina truccandosi gli occhi e usando gli spettatori che trova davanti a se, come riflettendosi in uno specchio. Oppure come quando esce urlando dalla porta di servizio a lato dello spazio scenico scomparendo dal palco ma rimanendo ugualmente presente con la sua disperazione espressa attraverso la sua voce urlante da dietro le quinte.

Tindaro Granata ritaglia invece per se la parte del povero marito dall’accento siciliano, sempliciotto, quasi scemo, che chiede sempre conferma alla moglie di quello che deve fare, strappando risatine amare al pubblico che compatisce il personaggio, pensando magari a quanti sono i mariti che, pur di non contraddire la moglie, hanno gettato la spugna per quieto vivere e non sono più in grado di confrontarsi.

Giorgia Senesi è invece una vicina di casa glaciale, assolutamente fredda nella sua solo apparente empatia con la tragedia che accadrà alla piccola, autisticamente concentrata solo sullo spiare, sul guardare dalla finestra del bagno per raccontare al pubblico la sua versione dei fatti, incapace di vivere una vita propria. La madre di Angela, l’attrice Bianca Pesce, è un personaggio contraddittorio, poco coerente, sempre in bilico tra il difendere la figlia e accusarla invece di non essere stata una buona madre come invece è stata lei. Tutti sono vittime dell’invida l’uno dell’altro e nessuno alla fine si salverà da questa danza macabra accompagnata da un valzer da balera.

Al Teatro dell'Elfo dal 18 al 23 febbraio ore 21

Visto il 18-02-2014