Pro patria senza prigioni senza processi
In tempi di crisi e bilanci è necessario rivedere, con occhio più critico e disincantato, le origini della nostra repubblica. Ascanio Celestini, moderno Danton, dà inizio ad un vero e proprio processo in cui l’imputato è lo Stato. L’ora della verità è giunta: i figli processano i padri della patria. Quegli stessi padri, colpevoli di aver tradito gli ideali repubblicani, ed aver barattato il sogno e le vite di centinaia di giovani: (i Dandolo, i Pisacane, gli Orsini ) venendo a patti con il potere monarchico.
Le parole e gli aneddoti di Celestini si perdono in una interminabile Spoon River di volti: garzoni, sguatteri, principi e borghesi; tutti morti o arrestati, perché considerati attentatori di un sistema immutabile. Non mancano riferimenti alla contemporaneità: le condizioni disperate dei carcerati e la follia di un vuoto da colmare in ogni modo… Buco nero da riempire con la violenza o semplicemente con la lettura bulimica e ossessiva. (numerosi riferimenti a Bachunin e a Marx).
Ladri si nasce anarchici si diventa.
L’attore autore diventa, ancora una volta, un volto nella folla degli emarginati: da ladro di mele ad anarchico si compie il passo di Celestini – ergastolano. La condanna e le mille prove di un discorso infinito che ha come interlocutori: Giuseppe Mazzini, il padre e le voci dei morti “incontrati in cella”.
Il destino degli uomini
"Tra Fabbriche, lavoro precario, manicomi e galere viviamo in una infinita prigione senza sbarre in cui siamo tutti carcerati e costretti ad una vita che non abbiamo scelto … si definisce così anche il nostro destino di uomini apparentemente liberi..." Pro patria di Celestini riassume, nella sua forma più elevata e compiuta, una serie di tematiche incentrate sull’uomo moderno e sul suo universo.